MATELICA
Origini e storia romana
Le origini della città di Matelica risalgono al Paleolitico.
Gli umbri, popolazione indoeuropea, già nel 2000 a.C. si erano stanziati nella
valle del fiume Esino, dove sorge la città. La nascita vera e propria del
centro abitato è fatta risalire all'incontro delle popolazioni umbre con quelle
picene. I piceni, popolo proveniente dall'Abruzzo e dall'ascolano, costruirono
il primo centro abitato vero e proprio, sfruttando i già presenti insediamenti
primigeni.
Con l'arrivo dei Romani, la città subì un rapido
cambiamento; dopo la battaglia del Sentino (295 a.C.), svoltasi a pochi
chilometri da Matelica, la città fu assoggettata ai nuovi conquistatori. Le
terre contigue alla città furono spartite tra i legionari veterani e ci fu un
rapido processo di romanizzazione di tutta la zona.
Dopo la guerra sociale, la cittadinanza romana fu estesa
prima ai Latini, poi agli Umbri e in seguito a tutta la penisola; nel 70 a.C.
Matelica divenne municipio Romano, costruendo la propria struttura politica
sulla riga di quella dell'Urbe: comandata da un duumviro, coadiuvato da cinque
censori e da un Protettore che difendeva i diritti della città presso Roma.
Matelica fu iscritta alla tribù Cornelia e nel 101 d.C. la
città ospitò l'imperatore Traiano in partenza per la Dacia da Ancona. In
seguito, il generale Caio Arrio Clemente, che aveva visitato la città a seguito
dell'imperatore, sarà nominato Curatore del municipio.
Con l'avvento della cristianità sull'impero, Matelica fu
sede vescovile sin dal 400 d.C. Il vescovo rimase l'unica autorità dopo la
caduta dell'impero: la città si ritrovò soggetta a incursioni dei barbari e la
popolazione soffrì la fame per le carestie e le invasioni. Nel 552 la battaglia
tra Totila e Narsete a Gualdo Tadino fu decisiva per il futuro della città. La
sconfitta dei goti fece fuggire il loro re, che arrivò a Matelica dove morì e
fu sepolto. I bizantini che lo inseguivano raggiunsero la città e la annessero
al loro impero. Fino all'invasione dei Longobardi, la città visse un piccolo
periodo di pace e prosperità. I nuovi invasori, sconfitti i bizantini, la
distrussero nel 578 d.C. Da quel momento la città passò sotto la diocesi di
Camerino.
Alto Medioevo
Con l'arrivo dei Franchi, la città fu ricostruita e, dopo
l'800 d.C., come molte altre città, fu assoggettata a dei Conti, che
rappresentavano l'imperatore del Sacro Romano Impero e poi il re d'Italia. La
città, pur se formalmente sotto il dominio della Santa Sede, fu incorporata
nella Marca di Ancona e soggetta quindi al potere imperiale. Il più famoso di
questi, il conte Attone, guidò, nel 964 d.C., una parte delle truppe di Ugo re
d'Italia contro quelle del Duca di Spoleto, Ascaro, presso Camerino, dove
entrambi persero la vita.
Il comune (1100-1200)
Piazza Enrico Mattei, la loggia adiacente al Palazzo del
Governatore.
Quando l'Imperatore Federico Barbarossa tornò in Germania,
Matelica si ribellò all'impero e scacciò i conti Ottoni, famiglia con
capostipite il conte Attone di cui sopra, e si costituì libero comune, sorretto
da due consoli di origine nobiliare. Il ritorno dell'imperatore in Italia
provocò nuove guerre nella Marca e l'Arcivescovo di Magonza Cristiano, fedele
al papa Alessandro III, rase al suolo la città nel 1174. La comunità, però,
venne a patti con i figli del conte Attone, che giurarono fedeltà e si
impegnarono a proteggerla; in questo modo la città fu ricostruita, grazie anche
all'appoggio dell'Imperatore Federico II di Svevia, pacificatosi con il papa
nel 1185. Il conte Attone (discendente del conte di cui sopra) non si arrese e,
sfruttando la volontà di espansione della vicina Camerino, costruì una lega tra
questa e i comuni di Fabriano, San Severino, Tolentino, Cingoli, Recanati e
Civitanova. Attaccati da nord e sud,i matelicesi furono sopraffatti e la città
distrutta per la terza volta nel 1199. Gli abitanti furono dispersi e vissero
fuggiaschi tra i vari monti della zona. Appellatisi all'imperatore Ottone IV,
nel 1209, ottennero il permesso di ricostruire la città e, grazie al forte
potere militare di Francesco d'Este, nominato curatore della Marca di Ancona,
vi riuscirono. Dopo la ricostruzione, il paese era stato chiamato Nuovo
Castello di Sant'Adriano, ma il vecchio nome tornò presto in auge. Le lotte con
gli altri comuni limitrofi continuarono per tutto il tredicesimo secolo:
diverse volte i matelicesi si scontrarono con Fabriano e, soprattutto, con
Camerino, mentre una forte alleanza fu stretta con San Severino. Nel 1259, dopo
una provocazione di Camerino, i matelicesi presero posizione tra i Ghibellini a
favore di Manfredi e, con le truppe di questi, comandate da Percivalle Doria,
distrussero la città, vendicando la distruzione di sessanta anni prima.
Matelica si dichiarò eternamente fedele al Re e, alla morte di questi, non
esitò a imprigionare un ambasciatore papale pur di mantenere la parola.
Clemente, allora, tassò la città pesantemente, pena la distruzione, e obbligò i
matelicesi ad accettare un Podestà di nomina papale. Sotto le pesanti gabelle,
la città si impoverì rapidamente, contraendo debiti con gli altri paesi. Nel
1273 i matelicesi furono costretti a creare una truppa per soffocare la rivolta
antipapale a Jesi, e per i successivi trent'anni combatterono quasi
incessantemente con la vicina Camerino per la costruzione di castelli, per ridefinire
i confini e per la volontà di questi di vendicarsi della distruzione subita.
Trecento
Nei primi anni del Trecento, Matelica stipulò un'alleanza di
natura militare e amministrativa, sotto la supervisione del governatore
pontificio, con le città di Fabriano, Camerino e San Severino. Le quattro
contraenti si impegnavano a prestarsi reciproco soccorso e aiuto, oltre a
rispettare gli editti delle altre. Ciò non impedì alcune scaramucce, ma la
rinnovata pace permise alla città di poter dedicarsi più volte alle rivolte
intestine allo Stato della Chiesa, schierandosi talvolta con i Guelfi e
talaltra con i Ghibellini. Il Comune era retto, oltre che dal Podestà, dal
Capitano del Popolo e dal Consiglio degli Anziani; al governo della città
partecipavano dei Rettori e dei Consiglieri delle varie corporazioni
artigianali costituenti il nucleo principale del Consiglio cittadino. Esse
erano nove: Notari, Mercanti, Calzolai, Fabbri, Tornitori, Lanaiuoli,
Falegnami, Sarti e Muratori. In questo periodo si formarono le Società e
Compagnie d'Armi, per la difesa e la sicurezza della città. Nel frattempo, gli
Ottoni si ristabilirono a Matelica e iniziarono a intromettersi sempre più
profondamente nella vita politica.
La signoria degli
Ottoni
Loggetta degli Ottoni
Alla fine del Trecento il vicariato della città fu affidato
dal papa Bonifacio IX agli Ottoni. Questa famiglia, in un primo tempo, lasciò
invariata la struttura comunale, per poi lentamente sopprimerla e accentrare
tutti i poteri su di essa. Gli Ottoni Iniziarono una riforma fiscale,
promossero lo sviluppo dell'industria della lana, della tintoria e della
concia, restaurarono le mura, costruirono il campanile della cattedrale,
soprattutto sotto la guida di Alessandro Ottoni, e tentarono più volte di
definire una volta per tutte i confini con San Severino e Camerino. All'inizio
del sedicesimo secolo ampliarono pure i commerci e le strade, tanto che si
potevano contare ben centodieci mercanti in città. Alcune scelte di natura
ecclesiastica, però, irritarono il popolo e con la signoria di Anton Maria
Ottoni iniziò il malcontento generale, dovuto soprattutto all'eccessiva
crudeltà e tirannia di quest'ultimo, che non esitava a incarcerare e uccidere i
suoi avversari politici. A causa della condotta tirannica, i rapporti con i
matelicesi si erano fatti talmente tesi che alcuni cittadini, nel febbraio del
1545, ordinarono una congiura con lo scopo di uccidere alcuni membri della
famiglia, ma il complotto fu scoperto da un tale Falcone da Falconara. Dopo
tante lotte, anche interne alla famiglia, e numerosi viaggi di delegazione dei
cittadini a Roma, alla fine, nel 1576, papa Gregorio XIII spogliò
definitivamente gli Ottoni del vicariato. Nel 1578 Nicolò d'Aragona,
governatore generale della Marca, prese possesso della città in nome della Sede
Apostolica. Matelica fu così governata da un Commissario Apostolico inviato dal
Papa.
Dopo la signoria
Con Paolo V, nel 1618, Matelica fu affidata a un Governatore
indipendente da quello della Marca, con piena giurisdizione, e per questo riconoscimento
lo stemma di Paolo V Borghese fu innalzato sulle porte dei principali edifici
pubblici. Si conservò l'antica divisione della città in quattro quartieri:
Santa Maria, Campamante, Civita e Civitella. A capo d'ogni quartiere fu posto
un Priore, facente parte di diritto del Consiglio generale. L'amministrazione
della Città era retta da un Gonfaloniere e tre priori, eletti nel Consiglio
generale. La popolazione accettò pacificamente il nuovo governo, nel quale vide
un periodo di pace dopo secoli di lotte intestine. Nel 1692 la cittadinanza si
riappacificò con i conti Ottoni, nominandoli cittadini onorari, e nel 1761 la
città fu ricreata sede vescovile, retta con la stessa importanza insieme a
Fabriano.
L'epoca
napoleonica e il Risorgimento
L'arrivo dei francesi guidati da Napoleone soppresse il
vescovado e, con la liberalizzazione dei commerci introdotta, la città subì un
forte declino industriale, soprattutto nel settore della lana. Il ritorno sotto
lo Stato Pontificio fu quasi un sollievo per la popolazione, che tuttavia issò
le bandiere tricolori durante i moti del 1848 sul Palazzo del Comune per
solidarietà ai rivoltosi di tutta Italia. Dopo la battaglia di Castelfidardo,
in città furono esposte ancora una volta le bandiere e, nel plebiscito, il
"sì" all'unione al Regno D'Italia vinse a maggioranza schiacciante.
Dal Regno d'Italia
ai giorni nostri
La nuova situazione riportò il libero commercio e l'attività
da industriale divenne agricola, impoverendo parecchio tutta la popolazione.
Furono molti i matelicesi a partire durante la prima guerra mondiale, e la
città subì, come tante altre, parecchi lutti. Nel corso della seconda guerra
mondiale, Matelica ospitò un battaglione di soldati italiani, che, dopo
l'armistizio, furono nascosti dagli abitanti e, assieme ai giovani del luogo e
ad alcuni soldati stranieri, formarono la resistenza locale. La guida spirituale
dei partigiani, Don Enrico Pocognoni, fu ucciso dai nazisti nel famoso Eccidio
di Braccano il 24 marzo 1944. Dopo la guerra, grazie all'interessamento di
Enrico Mattei, l'attività industriale riprese prepotentemente e, assieme a
essa, la valorizzazione del Verdicchio, che ha portato Matelica in tutte le
enoteche del mondo.
Toponimo
L'origine del nome Matelica è oscura e si perde nelle nebbie
del tempo: in tutto il mondo non esiste nessun altro luogo o città con questo
nome, e rarissimi sono quelli che terminano con la stessa desinenza. Si attesta
l'interessante assonanza con Mensa Matellica, frazione di Ravenna, sito
risalente all'età del Bronzo[6]. Il nome potrebbe essere di origine celtica e
significare paese dei prati, dal celtico matten, prato. Ancora più azzardata è
una supposizione di origine greca, essendo i greci stabilitisi nella vicina
Ancona: dal greco màthesis, studio, oppure, con più cognizione, metelis, luogo
di delizie. Se si considera l'antico nome dialettale Matelga, allora potrebbe
essere interessante considerare la parola teleg, che in molte lingue
antichissime, come quelle semitiche, significa neve, e dunque luogo coperto di
neve. Si potrebbe far risalire l'origine al latino, alla forma mater liquoris,
madre delle acque, anche se nessun fiume nasce nel suo territorio e,
soprattutto, Plinio il Vecchio chiama la città Matilica Matilicatis, e dunque
il nome le era già stato assegnato.
Recenti studi identificano l'origine del nome come la
traduzione celtica Mati-lika, probabile traduzione del toponimo sudpiceno Kupra
Vepets, buona lastra di pietra.
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