Da un punto di vista giuridico, la sostenibilità sociale significa intraprendere azioni utili per affermare i diritti economici, sociali, politici, culturali delle persone. Per questo, la sostenibilità sociale trova la sua prima tutela nelle dichiarazioni dei diritti dell’uomo.

Considerando solo la storia moderna, tali diritti sono stati messi in luce in una prima formulazione dalla celebre Magna Charta Libertatum inglese (1215). Cinque secoli dopo, in modo esplicito, la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti (1776) proclamava il diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità. Nel 1789, la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e dei Cittadini, promulgata in piena Rivoluzione francese, affermò che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge.

Durante il secolo scorso, a livello internazionale, i principi di sostenibilità sociale sono stati sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata nel 1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. E a livello continentale dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (1950), che ha istituito la Corte europea dei diritti dell’uomo, volta a tutelare le persone dalle violazioni dei diritti umani.

In una dimensione nazionale, i principi fondamentali della Costituzione italiana, in particolare nei suoi primi 4 articoli, mettono in luce le esigenze di sostenibilità sociale. Anche in ottica di politiche attive, pensando ad esempio al secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Oggi i richiami alla sostenibilità sociale sono espliciti e dettagliati in diversi punti dei 17 Sustainable Development Goals fissati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

La sostenibilità sociale : gli impatti positivi – Le certificazioni Konsum

La sostenibilità sociale, quale garanzia e rispetto degli stakeholder interni ed esterni (lavoratori, fornitori, clienti, investitori etc.) ha impatti positivi sulla fiducia che questi nutrono verso l’azienda. Nel caso dei dipendenti, un maggiore attaccamento all’organizzazione aziendale per la quale lavorano e una riduzione del turn-over portano meno perdite di know-how e di talenti, meno dispendio di risorse e tempo nella selezione e nella formazione. Analogo discorso di loyalty può riguardare clienti e investitori.

Adottare pratiche di sostenibilità si ripercuote anche sulla catena dei fornitori. Lavorare con dei principi e delle regole di sostenibilità e con chi queste regole le rispetta, fornisce più garanzie e minimizza i rischi. In questo senso scegliere solo quei fornitori che si sono sottoposti a un processo di certificazione significa abbassare i pericoli di inadempienze e avere più garanzie di serietà e rispetto dei contratti. Con evidenti vantaggi sulla business continuity che più difficilmente subirà interruzioni legate a un mancato rispetto delle norme.

Dato che la continua crescita d’interesse verso comportamenti sostenibili porta alle aziende coinvolte benefici - anche consistenti - tanto in termini economici come d’immagine è importante che si vada oltre il semplice patto di fiducia tra azienda e consumatore o stakeholder. In altre parole, l’autodichiarazione non è più sufficiente. L’azienda dovrà garantire ai suoi clienti che quello che offre - prodotto o servizio - sia realmente sostenibile, e cioè che soddisfi un certo numero di criteri misurabili e certificati. E per farlo deve affidarsi a enti terzi che ne attesteranno l’impegno e l’effettiva riuscita.

Solo così la sostenibilità diviene un elemento riconosciuto, valido e oggettivo. Utile da sfruttare anche a fini di comunicazione e marketing.

La ragione per la quale un’azienda decide di intraprendere un percorso di sostenibilità confrontandosi con una parte terza è duplice e risponde a criteri:

1. “interni e di comprensione”. L’obiettivo è scoprire - attraverso il confronto con gli esperti dell’organismo di certificazione - il proprio grado di sostenibilità e, in base al risultato mettere in opera i possibili rimedi per migliorare la situazione. Un caso frequente è la volontà di capire se e quanto i propri processi produttivi si possano dire “sostenibili”.

2. “esterni e di comunicazione”. L’obiettivo è comunicare all’esterno - in primis a clienti e stakeholder - la propria adesione a politiche di sostenibilità che siano sul versante ambientale, sociale o di governance. Ovviamente, con la garanzia di una certificazione che ne attesti la validità e la qualità delle performance.

Le parti terze che operano per certificare i soggetti interessati utilizzano standard nazionali e internazionali, come UNI o ISO.

Il processo che porta all’adozione di queste norme non mai è immediato; una volta elaborate dagli enti normatori e messe sul mercato, esse entrano nella consuetudine gradatamente, soprattutto sotto l’impulso proveniente dalle grandi aziende, in genere le prime a decidere di farsi certificare secondo questi standard o a richiederne l’adeguamento ai propri fornitori o subfornitori. Questi, spesso aziende di dimensioni medio-piccole, avviano il processo di certificazione, così da ottemperare a una diretta richiesta dei loro clienti (restando dunque nell’albo fornitori). Due esempi su tutti.

La ISO 39001 ha avuto una certa diffusione poiché è indicata quale requisito necessario per partecipare a gare d’appalto indette da Anas-Autostrade, m


Konsum s.r.l. svolge in modo costante la sua attività nell’ambito del miglioramento continuo, garantito e attestato da due importanti certificazioni:

CERTIFICATO DI COSTANZA DELLA PRESTAZIONE / CERTIFICATE OF CONSTANCY OF PERFORMANCE N./No. 0474-CPR-0704
ATTESTAZIONE DI QUALIFICAZIONE ALLA ESECUZIONE DI LAVORI PUBBLICI (ai sensi del D.P.R. 207/2010)







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