martedì 13 settembre 2016

Storia dell’Abbazia Madonna del Monte di Cesena
Su questo colle un tempo romito e boscoso, secondo il racconto di S. Pier Damiani (Vita Mauri, 1044 ca.-1072), il vescovo Mauro (903-955 ca.) soleva ritirarsi in preghiera. Alla sua morte numerosi miracoli si susseguirono sul luogo della sepoltura, la venerazione popolare crebbe e la piccola celletta da lui costruita venne via via ampliata.
Dopo il 1000 fu edificata una basilica a tre navate e, tra il 1001 e il 1026, venne infine fondato il monastero benedettino. Arricchitosi notevolmente nel corso del ‘200, il complesso accolse nel 1318 la statua della Madonna, proveniente dalla chiesetta di Montereale: una devozione popolare che iniziò presto a manifestarsi con la realizzazione di piccole tavolette votive per grazia ricevuta (ex-voto).
Profanata e fortificata da Francesco degli Ordelaffi, l’abbazia rifiorì sotto i Malatesta e visse il suo “secolo d’oro” nel ‘500, allorché, vero e proprio punto di riferimento della cultura cesenate, accolse numerose personalità e ricevette la visita di diversi pontefici. Tra 1536 e 1548 la chiesa venne ad assumere le forme attuali, secondo un progetto di Domenico Garavini da Brisighella (forse su disegno originario del Bramante). Centro della vita artistica della città, la basilica del Monte vide anche all’opera i migliori pittori attivi nel Cesenate (Scipione Sacco, Girolamo Longhi e Francesco Masini), nonché il giovanissimo Giuseppe dalla Val di Scalve, che tra 1560 e 1562 realizzò lo splendido coro in noce; importanti anche gli interventi di Francesco Morandi detto il Terribilia, cui si devono la cupola (decorata dal Masini tra 1568 e 1571) e l’originale scalone in pietra, e di Alessandro Corsi, autore del monumentale pozzo del chiostro grande (1588). Una serie di eventi nefasti aprì la strada alla crisi del complesso benedettino, che si protrasse per tutto il ‘700, aggravata dal terribile terremoto del 1768, che distrusse la cupola della basilica (ricostruita da Pietro Carlo Borboni, venne poi decorata da Giuseppe Milani (1773-74)). Ma il peggio doveva ancora venire: abbandonata all’arrivo dei Francesi nel 1797, l’abbazia fu posta in vendita (1812) e solo il provvidenziale intervento di Pietro Maria Semprini, che la donò a Pio VII Chiaramonti (1814), la salvò dalla rovina. In gioventù novizio all’abbazia, Pio VII incoronò Madonna e Bambino (1/5/1814) e, all’atto del testamento, destinò l’intero complesso ai monaci; solo nel 1888, però, dopo varie traversie, essi poterono tornare definitivamente al Monte. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale accolse numerosi sfollati e subì un devastante bombardamento, l’abbazia vide tra l’altro l’apertura del Laboratorio per il Restauro del Libro Antico. Meta di turisti e pellegrini, il complesso benedettino non ha perso il suo ruolo propulsore per la cultura, segnalandosi per l’organizzazione di concerti di musica classica.
Infine, grazie anche all’alacrità e alla passione della “Società Amici del Monte”, l’Abbazia cerca di guardare al futuro. Recentemente, infatti, sono stati creati due nuovi spazi di grande interesse: un refettorio per comitive, dotato di 80 posti a sedere, e una moderna sala-conferenze (Sala Pio VII) con 100 posti. 
Apprestiamoci ora alla visita di questo monumento di arte e religiosità. Posta sul colle Spaziano (135 m.), l’Abbazia offre, prima ancora di conoscerla all’interno, lo spettacolo del mirabile panorama che si gode dal piazzale antistante, verso le colline e la pianura, fino al mare.
La facciata della basilica, con segni della prima chiesa, è visibile solo dal “chiostro piccolo” (XV sec.), con portico a colonnine e pozzale in ferro del XVII sec., sul quale si affacciano Biblioteca, Laboratorio per il Restauro del Libro Antico ed Erboristeria. Dei tre chiostri originari, rimane anche il cosiddetto “chiostro grande” (XVI sec., poi rifatto nel XVIII  sec.), con pregevole pozzale di Alessandro Corsi (1588) (alcuni studiosi ritengono che l’apparato per l’approvvigionamento dell’acqua piovana sia opera di Leonardo).
L’ingresso, posto sul lato destro, introduce ad un suggestivo interno, che colpisce per l’ampiezza degli spazi, ma anche per il raccolto silenzio. La forma è ad unica ampia navata, con cappelle laterali. In alto, corre il fregio di Girolamo Longhi con 14 scene della Vita della Madonna (1559), venuto alla luce solamente nel 1914 e miracolosamente preservato dal bombardamento del 1944; non così per l’affresco della controfacciata, Mosè si toglie i calzari prima di salire l’Oreb (Garavini, XVI sec.). Nella I cappella destra, pregevole Annunciazione (Bartolomeo Coda, 1543) e Capo di S. Giovanni in tondo. Nella II, S. Mauro risana gli infermi (Francesco Mancini, 1704) e Deposizione (Girolamo Marchesi, XVI sec.) in tondo. La III cappella destra presenta l’opera pittorica di maggiore pregio contenuta in basilica: si tratta de La presentazione di Gesù Bambino al tempio e la purificazione della Vergine, opera del maestro bolognese Francesco Raibolini detto il Francia, 1515); nella lunetta, Deposizione (Girolamo Marchesi, XVI sec.).
Passando alle cappelle a sinistra, la IV presenta varie reliquie, tra cui il corpo di S. Agapo. Nella III cappella, Gloria dei SS. Benedetto e Scolastica (G. B. Barbiani (?), XVII sec.). Segue la cappella con S. Lorenzo (scuola bolognese, XVII sec.); infine, nella I cappella, S. Sebastiano (Vincenzo Ansaloni (?), XVII sec.). Ripercorrendo l’ampia navata verso lo scalone (sul pavimento, simbolo dei Benedettini di Congregazione Cassinese), ci si dirige verso la zona presbiteriale (ai lati delle scale per la cripta, a destra Deposizione di Cristo (Mastelletta, 1634), a sinistra Gesù con la samaritana (Marco Antonio Franceschini, fine XVII sec.).
Salito lo scalone, eccoci di fronte all’altare maggiore. Dietro, il mirabile coro in noce, capolavoro di Giuseppe dalla Val di Scalve detto lo Scalvini (1560-62), e la Madonna Assunta, statua in stucco e legno dipinti (XIII sec. circa) - il Bambino è aggiunta posteriore; le corone sui due capi furono poste da Pio VII (1/5/1814).
L’intero apparato pittorico di questa parte della basilica è opera (1773-74) di Giuseppe Milani: all’inizio degli archi della cupola, Principali virtù cristiane; sui pennacchi, Quattro Evangelisti; nel tamburo, otto Scene dall’Antico Testamento; nella cupola, monumentale Assunzione della Vergine; nel catino dell’abside, Incoronazione della Vergine Maria; del Milani, infine, anche mostra e contromostra dell’organo (di Giovanni Tamburini (1914).
Alcuni dipinti della Cesena antica introducono al deambulatorio dove è conservata parte della preziosissima collezione di ex-voto, tra le più ricche e antiche d’Europa. È antichissima la tradizione di dipingere o fare dipingere a mani più esperte, tavolette votive per grazia ricevuta alla Madonna del Monte; una tradizione iniziata nel ‘400 e che continua ancora oggi, tanto che il numero di ex-voto (704) è destinato ad aumentare. Si tratta delle documentazioni grafiche di intercessioni della Beata Vergine che incontrano la storia, non solo cittadina (un ex-voto raffigura, ad esempio, un crollo nel vecchio Teatro cittadino avvenuto nel 1820, un altro la scampata fucilazione di un uomo al termine della Seconda Guerra Mondiale) oppure, molto più spesso, i piccoli drammi di vita famigliare, quasi sempre rurale o marinara: si va così dalla malattia di un uomo del ‘400, ad una disgrazia nei campi e a uno scampato naufragio del ‘500, fino ad un incidente tra una “Vespa” e una macchina. Veri e propri sguardi su un passato più o meno remoto: molte pagine della storia locale e di quella della basilica (una tavoletta, ad esempio, mostra la sistemazione del presbiterio a metà ‘600) sono state, infatti, scritte grazie alle immagini giunte a noi con questa splendida collezione.
Continuando, sempre nel deambulatorio, ammiriamo tre cappelle, con crocifisso del XIV sec. e statue in terracotta di S. Giuseppe (primo ‘900) e S. Benedetto (Leopoldo Lucchi, 1987). Un ampio vano, con esposti gli ex-voto più antichi (XV sec.) introduce alla sacrestia (XIV sec.), con mobili del ‘700 e ciclo di affreschi di Giovanni Cappelli (1946); alle pareti, S. Giovanni Evangelista (Lorenzo Veneziano?, 1370 ca.), Presentazione al tempio (Francesco Menzocchi, 1534) e La Sacra Famiglia e Santi (Gaspare Sacchi, 1536). La cripta, cui si accede attraverso cancelli in ferro battuto (opera novecentesca di fra’ Pio Nobilione), presenta, in un ambiente austero e raccolto, un sarcofago romano del I sec. (antica sepoltura di S. Mauro, oggi collocata presso la Cattedrale) e una croce in pietra del IX sec. La sala capitolare (XVI sec.) presenta affreschi nelle lunette, tra cui un’Assunzione ed Incoronazione della Beata Vergine (Girolamo Marchesi, XVII sec.). Il refettorio (XX sec.), infine, con soffitto a cassettoni e dipinti con scene del Nuovo Testamento.

Venendo ora ai suggestivi ambienti della tradizione monastica, un primo accenno meritano la Biblioteca e del Laboratorio per il Restauro del Libro Antico, dove i pochi monaci rimasti in Abbazia portano avanti la tradizione di operosità conforme alla Regola benedettina. In particolare, il Laboratorio svolge un lavoro fondamentale per la conservazione del patrimonio librario. L’Erboristeria, poi, è un vero e proprio punto di transito obbligato. Posta sotto il suggestivo porticato del “chiostro piccolo”, offre ai visitatori la possibilità di soddisfare le più svariate esigenze: il turista desideroso di approfondire la conoscenza della basilica e del monastero, può acquistare guide e libri; chi, invece, preferisce nutrire il proprio corpo, non ha altro che l’imbarazzo della scelta tra i liquori della tradizione benedettina (utili per lenire numerosi fastidi), le caramelle balsamiche, i diversi tipi di miele, gli infusi, i vini delle nostre colline; infine, numerosissimi i ricordini, di ogni tipo e formato: tra questi, particolare venerazione hanno le immaginette della Madonna del Monte. 

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