Monumenti e luoghi
d'interesse
Architetture
religiose
Concattedrale di Santa Maria Assunta
Chiesa della Beata Mattia. Costruita nel 1255, dell'antica
fattura non rimane più nulla; il più antico segno è il campanile, databile nel
XV secolo, mentre sono evidenti gli interventi ristrutturali operati nel tempo,
che hanno dato alla chiesa uno stile barocco, quasi rococò. Ad essa vi è
annesso il monastero delle clarisse più antico di Matelica, e anche il più
famoso per il ricordo della Beata Mattia Nazzarei (1253-1320), che lì visse
santamente. Il monastero e la chiesa vantano tele di pregevole esecuzione.
Particolarmente apprezzabili sono la Croce del XIII secolo, dipinta da un
anonimo marchigiano, una Madonna col Bambino di fine XIII secolo e un'altra del
XV secolo attribuita al cosiddetto Maestro della Culla, appartenente alla
cerchia di Gentile da Fabriano. Sotto l'altare della chiesa si conserva e si
venera, ancora oggi, il corpo della Beata Mattia.
Chiesa di San Francesco. Sorge sulla piazza omonima.
L'edificio primitivo (1240-'60) era in stile romanico, come si arguisce dal
portale e dalla trifora, ora nascosta dietro l'attico. L'attuale prospetto,
rimaneggiato e incompleto, risale alla prima metà del sec. XVIII, mentre la
scalinata è del 1970. Nell'atrio del muro, a destra, c'è una piccola lapide,
con figura in rilievo di un ecclesiastico in paramenti sacri e con le braccia
allargate. La scritta sopra il capo (S: DOPI: LAPI) è interpretata: SIGNUM
DOMINI LAPI (Sigillo del signor Lapi) e questo rappresenterebbe un abate
dell'antico Monastero di Roti, nei pressi di Braccano. Giovanni Serodine, già
negli anni 1623-1625, fu attivo nella decorazione pittorica e in stucco della
cappella Mozzanti. Nell'interno, la navata, in leggero barocco (prima metà del
Settecento), s'impone per affascinante grandiosità e per notevoli opere d'arte:
confessionali in noce a colonnine tortili del Seicento, Viae Crucis, eseguite
tra il 1740 e il 1750, medaglioni dei primi decenni dell'Ottocento, attribuiti
al francescano padre Antonio Favini (1749-1843), una tela di Marco Palmezzano
del 1502 (Madonna col Bambino sul trono). Sulle pareti del coro, interessanti
frammenti di affreschi di scuola giottesco-marchigiana con Storie della vita di
san Francesco.
Chiesa del Suffragio o delle Anime purganti. Con la sua mole
proporzionata ed elegante, domina la piazza Enrico Mattei, completandone
l'armonia tra gli edifici che la contornano. Sorse nel 1690 con le offerte dei
cittadini sull'area di una chiesa più antica dedicata a San Sebastiano, patrono
della città. Fu consacrata nel 1715. A croce greca, nella sua misurata eleganza
racchiude dei buoni quadri, tra cui il Crocifisso ed Anime Purganti di Salvator
Rosa. Nella cappella a sinistra è collocata una statua di San Sebastiano,di
fattura rinascimentale, datata 1585. In sagrestia vi sono due quadri con parti
napoletane, databili alla fine del Seicento, e raffiguranti la Madonna con S.
Francesco di Paola il primo e la Madonna e Santi il secondo, un tempo collocati
sugli altari laterali della chiesa. Merita considerazione anche un'immagine
della Madonna della Misericordia, posta su un antiestetico ornamento, un tempo
oggetto di particolare devozione. L'organo, di modeste proporzioni, è opera del
Fedeli.
Chiesa di Sant'Agostino. Risale al XIV secolo; la facciata
si orna di un ricco portale romanico, inclinato in avanti, unico resto della
primitiva costruzione. L'interno, rinnovato nel XVII secolo, è a pianta
basilicale a tre navate su pilastri, sovrastato da cupoletta. Nel presbiterio,
a destra, Noli me tangere, tela di Ercole Ramazzani; a sinistra, Cristo sotto
il torchio, tela seicentesca d'ignoto, d'eccezionale iconografia. In fondo alla
navata sinistra, Madonna col Bambino e santi, tela del Ramazzani, firmata e
datata 1588; sull'altare del transetto sinistro, Estasi di San Francesco
attribuita al Guercino; al terzo altare sinistro, Crocifisso ligneo intagliato
del XV secolo.
Chiesa di San Filippo. Fu edificata a metà del XVII secolo
per generosità del matelicese Ottaviano Grassetti nei confronti dei Padri
Filippini che, giunti a Matelica nel 1640, vivevano in stretti e vecchi spazi.
L'esterno della facciata si presenta in mattoni con richiami borrominiani; il
prospetto posteriore presenta un luminoso e vivace punto di vista
architettonico. Tutti gli elementi d'eccessivo barocchismo sono opera del primo
restauro effettuato un secolo dopo la sua prima costruzione. All'interno si
trova il pregiatissimo Crocifisso, proveniente dalla vicinissima Chiesa di San
Giovanni, opera quattrocentesca di scultura lignea. In onore di quest'ultimo si
svolgono a Matelica le Feste Triennali, durante le quali si venera il
Crocifisso che è portato di sera in sera in tutte le chiese matelicesi. Altre
pregevoli opere presenti nel tempio sono un San Filippo, già sull'altare
maggiore, che adora la Vergine di Emilio Savonazzi (1580-1660), la Madonna
dello Scalpore e altre pitture di scuola romana del Seicento e de Settecento.
Inoltre, prezioso è il capolavoro di Pierleone Grezzi, di cui si conserva, nel
Museo Piersanti, una stampa del 1725 illustrante il Concilio Lateranense,
relativo al miracolo di San Filippo, raffigurante il cardinale Orsini salvato
dal terremoto.
Chiesa di Santa Teresa. Risale alla metà del XVII secolo (la
sua costruzione è durata dal 1695 al 1712). Dopo un testamento, divennero
proprietari i Carmelitani Scalzi, grazie alla rinuncia dei Gesuiti al fine di
smentire a loro danno a seguito dell'uccisione del benefattore Conte
Pellegrini. Nel 1823 la chiesa passò ai Padri Filippini, quindi nel 1842 ai
Silvestrini che, tuttora, ne hanno il possesso. La chiesa è di stile barocco.
Di buona mano è la tela dell'altare; pregevoli sono anche due preziose tavole,
esposte in sacrestia, attribuite a Ludovico Urbani. Dopo il terremoto del 27
settembre 1997, fu restaurata negli anni 2001-2002 e inaugurata solennemente il
15 ottobre.
Chiesa di San Rocco. Poco distante dall'ormai demolita Porta
della Valle, sorse nel 1529. Le ridotte dimensioni la qualificano immediatamente
come cappella votiva edificata dalla comunità per impetrare l'allontanamento
della peste. L'impianto planimetrico è a croce greca con un soffitto a crociera
composita stellare. Un recente restauro ha eliminato la tinteggiatura scoprendo
il mattoncino con un procedimento che, se esalta le caratteristiche strutturali
del tempietto, non rispetta molto la realtà storica dell'edificio, che
appartiene al secolo XVI. Modificato dunque l'interno nelle sue caratteristiche
coloristiche, rimane interessantissima la struttura esterna, dalla quale
traspare la dinamica costruttiva dell'insieme: un cubo inserito in un impianto
a croce greca. Ne deriva una scansione tripartita dei muri perimetrali in
profondità, scansione ripetuta su tutte e quattro le fronti del tempio. Si
qualifica dall'esterno come struttura organicamente articolata nell'ambito di
un sistema composto che prevede una forte spinta dinamica all'interno di un
telaio rigidamente geometrico.
Chiesa di Regina Pacis. Voluta fortemente dal Parroco Franco
Paglioni, e progettata dall'architetto Piero Sampaolo, la chiesa è stata
consegnata ai propri fedeli l'8 dicembre 2000. La sua struttura è completamente
in cemento armato, l'esterno è in mattoncino e il tetto in legno.
Monastero di Santa Maria Nuova. Sorge appena fuori delle
mura castellane, dalla parte del quartiere della Vecchia. La chiesa fu
completamente ricostruita nei primi decenni del secolo XVIII, utilizzando,
però, gli elementi d'arredo sacro della chiesa precedente. In questo modo si è
salvato, ed è tuttora visibile, il prezioso altare ligneo attribuito a Paris
Scipione. Il monastero fu trasformato in Ospedale per invalidi nel 1870 e
ancora oggi ospita una Casa di Riposo per anziani.
Architetture
civili
Palazzo comunale. L'edificio, di proprietà della famiglia
Scotti di Narni, parenti stretti degli Ottoni, fu acquistato dal Comune di
Matelica nel 1606 per avere uffici più funzionali. Al momento dell'acquisto, il
palazzo presentava gravi danni alle strutture principali, che mettevano in
serio rischio la sua stabilità e la sua permanenza nella piazza principale.
Solo alla fine del secolo XIX, dopo un duro lavoro di noti architetti, il
palazzo divenne una realtà stabile e sicura. All'interno del palazzo si possono
ammirare la lapide di Caio Arrio e una tela raffigurante Sant'Onofrio di
Salvatore Rosa. Sotto lo stemma del comune è rappresentata la vergine lauretana
protettrice della città. Inoltre, il comune vanta anche il possesso di una
raccolta di disegni del ritrattista matelicese Raffaele Fidanza (1797-1846).
Palazzo del Governatore o dei Pretori e Torre civica. Il
nome nacque dalla residenza nel palazzo, costruito su ordine di Ottone IV, del
Luogotenente imperiale. Molte sono state le ristrutturazioni, sicuramente non
tutte rispettose dello stile originario, ma ciò nonostante il palazzo offre
alla piazza principale una nota positiva in più. Accorpata all'edificio è la
Torre Civica, la cui base, per alcuni, potrebbe essere contemporanea
dell'edificio, mentre per altri potrebbe risalire a un'epoca antecedente il
1175. La torre fu sopraelevata alla fine del XV secolo e successivamente, nel
1893, fu allargata alla base per problemi di stabilità.
Palazzo Ottoni. Fu costruito nel 1472, per conto di
Alessandro e Ranuccio Ottoni, dagli architetti Costantino e Giovan Battista da
Lugano. Il palazzo rinascimentale è antistante la Piazza Enrico Mattei e
contribuisce a renderla originale per la pluralità stilistica degli edifici che
la circondano. Sul retro è presente un cortile che, tramite una loggetta aerea ancora
presente, lo collegava a un'altra proprietà della famiglia.
Teatro comunale "Giuseppe Piermarini". Risale al
1805. La sua struttura è a palchetti, tre ordini più il loggione; ha un aspetto
molto elegante. La progettazione si deve al celebre Giuseppe Piermarini, che fu
architetto della Scala di Milano, mentre le decorazioni pittoriche, databili
tra il 1810 ed il 1812, sono da attribuire al pittore Spiridione Mattei. Presso
il teatro si conservano reperti archeologici relativi a resti d'abitazione dell'età
del ferro e a un impianto termale d'epoca romana (I-II secolo d.C.). Il teatro
è stato inaugurato nel 1812 col l'esecuzione di tre melodrammi, Ser Marcantonio
di Stefano Pavesi, Oh, che originale di Giovanni Simone Mayr e Il filosofo
sedicente di Giuseppe Mosca. Oggi ospita la stagione teatrale della città e
molti altri eventi. Nel suo foyer, recentemente rinnovato, ha sede un'enoteca
del Verdicchio di Matelica, che promuove il premiatissimo vino.
Il globo di
Matelica
Globo di Matelica. Il Globo di Matelica è una sfera di marmo
bianco cristallino scoperta nel 1985 e rappresenta un singolare modello di
orologio solare giunto a noi dall'antichità. Il marmo con cui è stato
realizzato è greco e proviene forse dalla cava di Afrodisias (zona di Efeso),
oggi Turchia. Si tratta di un marmo particolare, composto da grossi cristalli,
che luccicano quando sono esposti ad una fonte di luce. La sua circonferenza
misura 93 cm, molto vicina a quella di due "cubiti fileterei" (un
cubito filetereo corrispondeva a 46,83 cm), da cui si ricava il diametro che è
di 29,6 cm, che, guarda caso, corrisponde esattamente a quella di un
"piede attico". La sfera è divisa esattamente a metà da un'incisione,
allo stesso modo di come l'equatore divide la Terra. L'emisfero superiore è a
sua volta diviso a metà da un altro solco, che interseca un foro, situato
approssimativamente sulla sommità del Globo, e il centro di tre cerchi
concentrici (calotte sferiche) di vario diametro. Queste tre circonferenze sono
a loro volta intersecate al proprio centro da un arco di cerchio avente il
raggio di misura uguale a quello più grande. Attorno a queste circonferenze
sono ancora visibili delle parole incise in antico alfabeto greco; sulla
sommità dell'emisfero superiore sono presenti tredici fori, di cui tre, quello
sommitale e i due posti lungo il solco che divide a metà il Globo, hanno un
diametro superiore agli altri. Accanto a ogni foro sono state incise
altrettante lettere dell'alfabeto greco antico. Infine, nella parte inferiore
del Globo è stata scavata una depressione conica terminante in un grosso foro
rettangolare, che serviva a fissare la sfera su una base. Il Globo è costruito
per funzionare a una latitudine di circa 43º, come quella di Matelica, e di
conseguenza esso è stato creato proprio per la città. Perché sia stato fatto,
da chi, e come mai i greci si siano interessati tanto a Matelica resta un
mistero.
Murales a Braccano
Murales di Braccano. A Braccano, la più grande frazione del
comune, posta sulla strada che da Matelica giunge al Monte San Vicino, sono
presenti dei murales. Essi, di origine recente, voluti dall'amministrazione
comunale, sono stati eseguiti dagli allievi delle accademie di Brera, Urbino e
Macerata sui muri esterni delle case, delle stalle e dei fienili presenti nella
frazione. Ad oggi sono presenti oltre cinquanta murales, dipinti in tempi
diversi.
Musei
Museo Piersanti. Fiore all'occhiello della città, è uno dei
più belli della regione. Affonda la sua origine nel sec. XVII, allorché mons.
Venanzio Filippo Piersanti, nato a Matelica nel 1688, iniziò all'interno del
suo palazzo una raccolta d'oggetti d'alto valore storico-culturale e artistico.
Il palazzo è donato, nonostante tutto quello che esso già abbondantemente e di
notevole valore conteneva, grazie a un testamento nel 1901, per opera della
marchesa Teresa Capaci Piersanti, al Capitolo e alla Cattedrale di Santa Maria.
Tutti gli oggetti contenuti nel palazzo avevano in comune solo il carattere
della pregevolezza, spaziando in ogni campo e settore, dalla pittura alla
scultura, dall'artigianato alla stampa, e molto altro. È per quest'accostamento
irrazionale d'opere e d'oggetti, anche pezzi archeologici, che il museo ha
acquistato una caratteristica e un'originalità del tutto proprie e
interessanti. Con il passare degli anni il museo si è gradualmente arricchito
di tele, pitture e sculture, grazie all'apporto di varie chiese locali, delle
Confraternite, del Comune e, di recente, per il dono del pittore locale Diego
Pettinelli, consistente in centoquindici pastelli con vedute di Matelica, e con
un campionario di stoffe e di merletti di gran valore appartenenti alla
famiglia Murani Mattozzi di Matelica, di alcuni abiti di Seicento, Settecento e
Ottocento. Negli ultimi anni è stata aperta al pubblico la nuova Stanza degli
argenti. Il museo si presenta lungo un itinerario comprendente tre sale a piano
terra e ben sedici al primo piano, e ospita anche diverse curiosità; tra
queste, le stanze del palazzo legate più alla quotidianità, dalla cucina ai
locali per la vinificazione: se il frantoio è andato perso, le cantine con
relative attrezzature hanno conservato l'assetto originario. Mancano molti
oggetti d'uso quotidiano, di cui un meticoloso inventario redatto nel 1763
fornisce tuttavia interessante testimonianza. Oltre agli oggetti da cucina,
agli attrezzi per realizzare insaccati suini e a quelli per fare il pane, sono
inventariati, sempre in un registro settecentesco, i capi di bestiame allevati
nelle fattorie.
Museo archeologico. Il museo è allestito all'interno di
Palazzo Finaguerra, edificio storico, ubicato nei pressi del complesso
monumentale di San Francesco. Il palazzo risale, nel suo aspetto attuale, a un
periodo che va dalla fine del XVIII all'inizio XIX secolo, periodo in cui sono
state realizzate anche le decorazioni pittoriche degli ambienti del primo e del
secondo piano. Il museo espone reperti archeologici provenienti da Matelica e
dal suo comprensorio; questi coprono un arco cronologico piuttosto ampio, che
va dalla Preistoria fino al Medioevo e all'età rinascimentale. Particolarmente
rappresentata è la fase relativa alla civiltà picena, con i ricchi corredi
delle tombe di VIII-VII secolo a.C. Di particolare rilievo sono le tombe della
fase "orientalizzante" (fine VIII-inizio VI secolo a.C.). Di eccezionale
interesse, anche per la sua rarità, è l'orologio solare sferico in marmo con
iscrizioni in greco, noto come Globo di Matelica, datato tra il I e il II
secolo d.C.
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