sabato 12 novembre 2016

MATELICA - Monumenti e Luoghi d'interesse

Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
Concattedrale di Santa Maria Assunta
Chiesa della Beata Mattia. Costruita nel 1255, dell'antica fattura non rimane più nulla; il più antico segno è il campanile, databile nel XV secolo, mentre sono evidenti gli interventi ristrutturali operati nel tempo, che hanno dato alla chiesa uno stile barocco, quasi rococò. Ad essa vi è annesso il monastero delle clarisse più antico di Matelica, e anche il più famoso per il ricordo della Beata Mattia Nazzarei (1253-1320), che lì visse santamente. Il monastero e la chiesa vantano tele di pregevole esecuzione. Particolarmente apprezzabili sono la Croce del XIII secolo, dipinta da un anonimo marchigiano, una Madonna col Bambino di fine XIII secolo e un'altra del XV secolo attribuita al cosiddetto Maestro della Culla, appartenente alla cerchia di Gentile da Fabriano. Sotto l'altare della chiesa si conserva e si venera, ancora oggi, il corpo della Beata Mattia.
Chiesa di San Francesco. Sorge sulla piazza omonima. L'edificio primitivo (1240-'60) era in stile romanico, come si arguisce dal portale e dalla trifora, ora nascosta dietro l'attico. L'attuale prospetto, rimaneggiato e incompleto, risale alla prima metà del sec. XVIII, mentre la scalinata è del 1970. Nell'atrio del muro, a destra, c'è una piccola lapide, con figura in rilievo di un ecclesiastico in paramenti sacri e con le braccia allargate. La scritta sopra il capo (S: DOPI: LAPI) è interpretata: SIGNUM DOMINI LAPI (Sigillo del signor Lapi) e questo rappresenterebbe un abate dell'antico Monastero di Roti, nei pressi di Braccano. Giovanni Serodine, già negli anni 1623-1625, fu attivo nella decorazione pittorica e in stucco della cappella Mozzanti. Nell'interno, la navata, in leggero barocco (prima metà del Settecento), s'impone per affascinante grandiosità e per notevoli opere d'arte: confessionali in noce a colonnine tortili del Seicento, Viae Crucis, eseguite tra il 1740 e il 1750, medaglioni dei primi decenni dell'Ottocento, attribuiti al francescano padre Antonio Favini (1749-1843), una tela di Marco Palmezzano del 1502 (Madonna col Bambino sul trono). Sulle pareti del coro, interessanti frammenti di affreschi di scuola giottesco-marchigiana con Storie della vita di san Francesco.
Chiesa del Suffragio o delle Anime purganti. Con la sua mole proporzionata ed elegante, domina la piazza Enrico Mattei, completandone l'armonia tra gli edifici che la contornano. Sorse nel 1690 con le offerte dei cittadini sull'area di una chiesa più antica dedicata a San Sebastiano, patrono della città. Fu consacrata nel 1715. A croce greca, nella sua misurata eleganza racchiude dei buoni quadri, tra cui il Crocifisso ed Anime Purganti di Salvator Rosa. Nella cappella a sinistra è collocata una statua di San Sebastiano,di fattura rinascimentale, datata 1585. In sagrestia vi sono due quadri con parti napoletane, databili alla fine del Seicento, e raffiguranti la Madonna con S. Francesco di Paola il primo e la Madonna e Santi il secondo, un tempo collocati sugli altari laterali della chiesa. Merita considerazione anche un'immagine della Madonna della Misericordia, posta su un antiestetico ornamento, un tempo oggetto di particolare devozione. L'organo, di modeste proporzioni, è opera del Fedeli.
Chiesa di Sant'Agostino. Risale al XIV secolo; la facciata si orna di un ricco portale romanico, inclinato in avanti, unico resto della primitiva costruzione. L'interno, rinnovato nel XVII secolo, è a pianta basilicale a tre navate su pilastri, sovrastato da cupoletta. Nel presbiterio, a destra, Noli me tangere, tela di Ercole Ramazzani; a sinistra, Cristo sotto il torchio, tela seicentesca d'ignoto, d'eccezionale iconografia. In fondo alla navata sinistra, Madonna col Bambino e santi, tela del Ramazzani, firmata e datata 1588; sull'altare del transetto sinistro, Estasi di San Francesco attribuita al Guercino; al terzo altare sinistro, Crocifisso ligneo intagliato del XV secolo.
Chiesa di San Filippo. Fu edificata a metà del XVII secolo per generosità del matelicese Ottaviano Grassetti nei confronti dei Padri Filippini che, giunti a Matelica nel 1640, vivevano in stretti e vecchi spazi. L'esterno della facciata si presenta in mattoni con richiami borrominiani; il prospetto posteriore presenta un luminoso e vivace punto di vista architettonico. Tutti gli elementi d'eccessivo barocchismo sono opera del primo restauro effettuato un secolo dopo la sua prima costruzione. All'interno si trova il pregiatissimo Crocifisso, proveniente dalla vicinissima Chiesa di San Giovanni, opera quattrocentesca di scultura lignea. In onore di quest'ultimo si svolgono a Matelica le Feste Triennali, durante le quali si venera il Crocifisso che è portato di sera in sera in tutte le chiese matelicesi. Altre pregevoli opere presenti nel tempio sono un San Filippo, già sull'altare maggiore, che adora la Vergine di Emilio Savonazzi (1580-1660), la Madonna dello Scalpore e altre pitture di scuola romana del Seicento e de Settecento. Inoltre, prezioso è il capolavoro di Pierleone Grezzi, di cui si conserva, nel Museo Piersanti, una stampa del 1725 illustrante il Concilio Lateranense, relativo al miracolo di San Filippo, raffigurante il cardinale Orsini salvato dal terremoto.
Chiesa di Santa Teresa. Risale alla metà del XVII secolo (la sua costruzione è durata dal 1695 al 1712). Dopo un testamento, divennero proprietari i Carmelitani Scalzi, grazie alla rinuncia dei Gesuiti al fine di smentire a loro danno a seguito dell'uccisione del benefattore Conte Pellegrini. Nel 1823 la chiesa passò ai Padri Filippini, quindi nel 1842 ai Silvestrini che, tuttora, ne hanno il possesso. La chiesa è di stile barocco. Di buona mano è la tela dell'altare; pregevoli sono anche due preziose tavole, esposte in sacrestia, attribuite a Ludovico Urbani. Dopo il terremoto del 27 settembre 1997, fu restaurata negli anni 2001-2002 e inaugurata solennemente il 15 ottobre.
Chiesa di San Rocco. Poco distante dall'ormai demolita Porta della Valle, sorse nel 1529. Le ridotte dimensioni la qualificano immediatamente come cappella votiva edificata dalla comunità per impetrare l'allontanamento della peste. L'impianto planimetrico è a croce greca con un soffitto a crociera composita stellare. Un recente restauro ha eliminato la tinteggiatura scoprendo il mattoncino con un procedimento che, se esalta le caratteristiche strutturali del tempietto, non rispetta molto la realtà storica dell'edificio, che appartiene al secolo XVI. Modificato dunque l'interno nelle sue caratteristiche coloristiche, rimane interessantissima la struttura esterna, dalla quale traspare la dinamica costruttiva dell'insieme: un cubo inserito in un impianto a croce greca. Ne deriva una scansione tripartita dei muri perimetrali in profondità, scansione ripetuta su tutte e quattro le fronti del tempio. Si qualifica dall'esterno come struttura organicamente articolata nell'ambito di un sistema composto che prevede una forte spinta dinamica all'interno di un telaio rigidamente geometrico.
Chiesa di Regina Pacis. Voluta fortemente dal Parroco Franco Paglioni, e progettata dall'architetto Piero Sampaolo, la chiesa è stata consegnata ai propri fedeli l'8 dicembre 2000. La sua struttura è completamente in cemento armato, l'esterno è in mattoncino e il tetto in legno.
Monastero di Santa Maria Nuova. Sorge appena fuori delle mura castellane, dalla parte del quartiere della Vecchia. La chiesa fu completamente ricostruita nei primi decenni del secolo XVIII, utilizzando, però, gli elementi d'arredo sacro della chiesa precedente. In questo modo si è salvato, ed è tuttora visibile, il prezioso altare ligneo attribuito a Paris Scipione. Il monastero fu trasformato in Ospedale per invalidi nel 1870 e ancora oggi ospita una Casa di Riposo per anziani.

Architetture civili
Palazzo comunale. L'edificio, di proprietà della famiglia Scotti di Narni, parenti stretti degli Ottoni, fu acquistato dal Comune di Matelica nel 1606 per avere uffici più funzionali. Al momento dell'acquisto, il palazzo presentava gravi danni alle strutture principali, che mettevano in serio rischio la sua stabilità e la sua permanenza nella piazza principale. Solo alla fine del secolo XIX, dopo un duro lavoro di noti architetti, il palazzo divenne una realtà stabile e sicura. All'interno del palazzo si possono ammirare la lapide di Caio Arrio e una tela raffigurante Sant'Onofrio di Salvatore Rosa. Sotto lo stemma del comune è rappresentata la vergine lauretana protettrice della città. Inoltre, il comune vanta anche il possesso di una raccolta di disegni del ritrattista matelicese Raffaele Fidanza (1797-1846).
Palazzo del Governatore o dei Pretori e Torre civica. Il nome nacque dalla residenza nel palazzo, costruito su ordine di Ottone IV, del Luogotenente imperiale. Molte sono state le ristrutturazioni, sicuramente non tutte rispettose dello stile originario, ma ciò nonostante il palazzo offre alla piazza principale una nota positiva in più. Accorpata all'edificio è la Torre Civica, la cui base, per alcuni, potrebbe essere contemporanea dell'edificio, mentre per altri potrebbe risalire a un'epoca antecedente il 1175. La torre fu sopraelevata alla fine del XV secolo e successivamente, nel 1893, fu allargata alla base per problemi di stabilità.
Palazzo Ottoni. Fu costruito nel 1472, per conto di Alessandro e Ranuccio Ottoni, dagli architetti Costantino e Giovan Battista da Lugano. Il palazzo rinascimentale è antistante la Piazza Enrico Mattei e contribuisce a renderla originale per la pluralità stilistica degli edifici che la circondano. Sul retro è presente un cortile che, tramite una loggetta aerea ancora presente, lo collegava a un'altra proprietà della famiglia.
Teatro comunale "Giuseppe Piermarini". Risale al 1805. La sua struttura è a palchetti, tre ordini più il loggione; ha un aspetto molto elegante. La progettazione si deve al celebre Giuseppe Piermarini, che fu architetto della Scala di Milano, mentre le decorazioni pittoriche, databili tra il 1810 ed il 1812, sono da attribuire al pittore Spiridione Mattei. Presso il teatro si conservano reperti archeologici relativi a resti d'abitazione dell'età del ferro e a un impianto termale d'epoca romana (I-II secolo d.C.). Il teatro è stato inaugurato nel 1812 col l'esecuzione di tre melodrammi, Ser Marcantonio di Stefano Pavesi, Oh, che originale di Giovanni Simone Mayr e Il filosofo sedicente di Giuseppe Mosca. Oggi ospita la stagione teatrale della città e molti altri eventi. Nel suo foyer, recentemente rinnovato, ha sede un'enoteca del Verdicchio di Matelica, che promuove il premiatissimo vino.

Il globo di Matelica
Globo di Matelica. Il Globo di Matelica è una sfera di marmo bianco cristallino scoperta nel 1985 e rappresenta un singolare modello di orologio solare giunto a noi dall'antichità. Il marmo con cui è stato realizzato è greco e proviene forse dalla cava di Afrodisias (zona di Efeso), oggi Turchia. Si tratta di un marmo particolare, composto da grossi cristalli, che luccicano quando sono esposti ad una fonte di luce. La sua circonferenza misura 93 cm, molto vicina a quella di due "cubiti fileterei" (un cubito filetereo corrispondeva a 46,83 cm), da cui si ricava il diametro che è di 29,6 cm, che, guarda caso, corrisponde esattamente a quella di un "piede attico". La sfera è divisa esattamente a metà da un'incisione, allo stesso modo di come l'equatore divide la Terra. L'emisfero superiore è a sua volta diviso a metà da un altro solco, che interseca un foro, situato approssimativamente sulla sommità del Globo, e il centro di tre cerchi concentrici (calotte sferiche) di vario diametro. Queste tre circonferenze sono a loro volta intersecate al proprio centro da un arco di cerchio avente il raggio di misura uguale a quello più grande. Attorno a queste circonferenze sono ancora visibili delle parole incise in antico alfabeto greco; sulla sommità dell'emisfero superiore sono presenti tredici fori, di cui tre, quello sommitale e i due posti lungo il solco che divide a metà il Globo, hanno un diametro superiore agli altri. Accanto a ogni foro sono state incise altrettante lettere dell'alfabeto greco antico. Infine, nella parte inferiore del Globo è stata scavata una depressione conica terminante in un grosso foro rettangolare, che serviva a fissare la sfera su una base. Il Globo è costruito per funzionare a una latitudine di circa 43º, come quella di Matelica, e di conseguenza esso è stato creato proprio per la città. Perché sia stato fatto, da chi, e come mai i greci si siano interessati tanto a Matelica resta un mistero.

Murales a Braccano
Murales di Braccano. A Braccano, la più grande frazione del comune, posta sulla strada che da Matelica giunge al Monte San Vicino, sono presenti dei murales. Essi, di origine recente, voluti dall'amministrazione comunale, sono stati eseguiti dagli allievi delle accademie di Brera, Urbino e Macerata sui muri esterni delle case, delle stalle e dei fienili presenti nella frazione. Ad oggi sono presenti oltre cinquanta murales, dipinti in tempi diversi.
Musei
Museo Piersanti. Fiore all'occhiello della città, è uno dei più belli della regione. Affonda la sua origine nel sec. XVII, allorché mons. Venanzio Filippo Piersanti, nato a Matelica nel 1688, iniziò all'interno del suo palazzo una raccolta d'oggetti d'alto valore storico-culturale e artistico. Il palazzo è donato, nonostante tutto quello che esso già abbondantemente e di notevole valore conteneva, grazie a un testamento nel 1901, per opera della marchesa Teresa Capaci Piersanti, al Capitolo e alla Cattedrale di Santa Maria. Tutti gli oggetti contenuti nel palazzo avevano in comune solo il carattere della pregevolezza, spaziando in ogni campo e settore, dalla pittura alla scultura, dall'artigianato alla stampa, e molto altro. È per quest'accostamento irrazionale d'opere e d'oggetti, anche pezzi archeologici, che il museo ha acquistato una caratteristica e un'originalità del tutto proprie e interessanti. Con il passare degli anni il museo si è gradualmente arricchito di tele, pitture e sculture, grazie all'apporto di varie chiese locali, delle Confraternite, del Comune e, di recente, per il dono del pittore locale Diego Pettinelli, consistente in centoquindici pastelli con vedute di Matelica, e con un campionario di stoffe e di merletti di gran valore appartenenti alla famiglia Murani Mattozzi di Matelica, di alcuni abiti di Seicento, Settecento e Ottocento. Negli ultimi anni è stata aperta al pubblico la nuova Stanza degli argenti. Il museo si presenta lungo un itinerario comprendente tre sale a piano terra e ben sedici al primo piano, e ospita anche diverse curiosità; tra queste, le stanze del palazzo legate più alla quotidianità, dalla cucina ai locali per la vinificazione: se il frantoio è andato perso, le cantine con relative attrezzature hanno conservato l'assetto originario. Mancano molti oggetti d'uso quotidiano, di cui un meticoloso inventario redatto nel 1763 fornisce tuttavia interessante testimonianza. Oltre agli oggetti da cucina, agli attrezzi per realizzare insaccati suini e a quelli per fare il pane, sono inventariati, sempre in un registro settecentesco, i capi di bestiame allevati nelle fattorie.

Museo archeologico. Il museo è allestito all'interno di Palazzo Finaguerra, edificio storico, ubicato nei pressi del complesso monumentale di San Francesco. Il palazzo risale, nel suo aspetto attuale, a un periodo che va dalla fine del XVIII all'inizio XIX secolo, periodo in cui sono state realizzate anche le decorazioni pittoriche degli ambienti del primo e del secondo piano. Il museo espone reperti archeologici provenienti da Matelica e dal suo comprensorio; questi coprono un arco cronologico piuttosto ampio, che va dalla Preistoria fino al Medioevo e all'età rinascimentale. Particolarmente rappresentata è la fase relativa alla civiltà picena, con i ricchi corredi delle tombe di VIII-VII secolo a.C. Di particolare rilievo sono le tombe della fase "orientalizzante" (fine VIII-inizio VI secolo a.C.). Di eccezionale interesse, anche per la sua rarità, è l'orologio solare sferico in marmo con iscrizioni in greco, noto come Globo di Matelica, datato tra il I e il II secolo d.C.


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