un’occasione per parlare di mobilità e territorio . A questo appuntamento ha partecipato anche l'Associazione Transdolomites sabato 1 marzo .
Per la stesura della relazione di presentazione ha collaborato in
maniera determinate Anna Mazzel programmista della Redazione RAI Ladina
di Bolzano.
Massimo Girardi è entratao a far parte del Consiglio della rete dei Borghi Europei del Gusto
Presentazione
storico- geografica:
La
val di Fassa, val di Fiemme e val di Cembra, sono le tre valli lungo
le quali è stato progettato il percorso del trenino dell’Avisio,
il fiume che le percorre dalla Marmolada a Lavis per poi gettarsi
nell’Adige.La popolazione locale totale è di circa 41.000 persone
che aumentano notevolmente durante il periodo estivo ed invernale
visto che la zona ha ampia vocazione turistica.
Il
turismo caratterizza soprattutto la Valle
di Fassa
(ca. 10.000 ab. 7 comuni) situata nel cuore delle Dolomiti con il
loro affascinante passato geologico. Emerse dal mare
tropicale
conservano infatti nelle loro rocce innumerevoli testimonianze di una
vita marina iniziata 290 milioni di anni fa. Le enormi pressioni
dell’era glaciale ed i fenomeni erosivi hanno continuato a
modellare, nel corso dei millenni, i profili dei "Monti Pallidi"
con torrioni, guglie, cime frastagliate, pinnacoli, fino a
trasformarle in quei possenti ed incantevoli monumenti che sono oggi.
Quando la luce del sole si riflette sulle pareti delle Dolomiti,
tingendole di rosso fuoco, o, quando all’alba i primi raggi
penetrano all’orizzonte, ecco realizzarsi l’incredibile fenomeno
dell’Enrosadira,
un’esplosione di colori che in pochi attimi trasforma il panorama e
anima magicamente le montagne e tutto il paesaggio circostante.
Numerose sono la “contìes” legate al fascino e bellezza delle
montagne che rispecchiano anche la cultura e tradizione orale della
valle… sembra infatti che gli albori della letteratura ladina, la
lingua parlata dalla popolazione di Fassa, abbia origine proprio
nelle leggende.
Ogni
cima è legata alle leggende : il Catinaccio, Rosengarten in tedesco,
è il giardino delle rose di Re Laurin, il Sassolungo, la terra della
principessa trasformatasi in usignolo, i Monti Pallidi, come spesso
vengono definite le Dolomiti, il frutto del lavorio dei “zeberchies”
gli gnomi che filando la luce della luna le resero più luminose ed
accoglienti per la principessa della Luna…. Regina incontrastata di
queste montagne per la maestosità e l’imponenza è la Marmolada
(3.342 m s.l.m.) che comprende il ghiacciaio più esteso delle
Dolomiti, il cosiddetto "mare gelato".
Il
26 giugno 2009 a Siviglia le Dolomiti sono state ufficialmente
riconosciute dall’Unesco come Patrimonio
Mondiale Naturale dell’Umanità.
La particolarità di queste montagne si rispecchia anche nella
popolazione che parla una lingua antica, il ladino, ed è
riconosciuta come minoranza linguistica assieme alle popolazioni
delle vicine valli di Badia, Gardena, Livinallongo e Ampezzo. Lingua,
usi e costumi di Fassa sono particolari ed ancor oggi amati e
conservati dalle genti e sostenuti dell’Istituto Culturale Ladino e
del Museo Ladino che raccoglie e studia i materiali inerenti alla
storia, all’economia, alla lingua, al folclore, alla mitologia, ai
costumi ed usi della comunità ladina. Questi enti si trovano a San
Giovanni (comune di Pozza) accanto all’antica chiesa in stile
gotico dedicata al Santo che dà il nome alla frazione ed era
anticamente il fulcro della vita religiosa della valle. Di epoca
assai remota è invece la chiesa di Santa Giuliana, patrona della val
di Fassa, che risale all’epoca precarolingia. Essa fu costruita su
un luogo di culto preistorico, luogo sacrificale della popolazione
che abitava queste valli in età retica. Si erge ai piedi delle
Dolomiti, su di un colle che sovrasta tutta la valle. All’interno
si possono ammirare pregiate opere d’arte e sulla volta troneggia
la Santissima
Trinità
in un'unica persona a tre visi. Si tratta di una delle pochissime
raffigurazioni della Santissima Trinità con triplice volto ancora
conservate. L'autore degli affreschi è un buon artista appartenente
alla cerchia del maestro Leonardo che operava a Bressanone verso il
1540.
La
bellezza delle Dolomiti e le sue peculiarità attraggono ogni anno
migliaia di persone ma, nonostante la forte antropizzazione del
territorio e l’intenso sfruttamento turistico, la valle di Fassa
presenta ancora qualche angolino tipico e tranquillo come le frazioni
di Penìa (comune di Canazei) , Pian (comune di Campitello) Someda o
Peniola (comune di Moena) dove si possono vedere le costruzioni
tipiche di casa con forno a vista e stalla o fienile.
Un’
economia mista presenta invece la valle
di Fiemme, (ca.
20.000 ab. 11 comuni ) fattasi promotrice di varie edizioni di
Campionati del mondo di sci nordico valorizzando gli ampi spazi di
fondovalle. Ricchi sono i suoi boschi gestiti secondo una
consuetudine comunitaria grazie all’istituzione della Magnifica
Comunità di Fiemme agli inizi del XII secolo.
Un ente di tipo feudale il cui primo riconoscimento ufficiale è
datato 1111 d.C. che gestisce tuttora un rilevante patrimonio
boschivo ed immobiliare soggetto ad usi civici, proprietà della
Comunità dei Vicini (residenti nel territorio) . La sede storica
della Magnifica Comunità è un palazzo rinascimentale a Cavalese, le
cui stanze sono splendidamente affrescate ed ospitano una vasta
collezione di dipinti della Scuola Pittorica di Fiemme: gli
Unterperger, Alberti, Longo, Rovisi, Giovanelli, Bonora e Vanzo.
Particolarità
dei boschi della valle di Fiemme è la
qualità degli abeti rossi
il cui pregiato legno di risonanza era apprezzato già da Stradivari
e da altri maestri liutai. Per le straordinarie caratteristiche
acustiche, l’abete rosso di risonanza è tuttora ricercato per
realizzare le tavole armoniche di pregiati strumenti a corda quali
organi, pianoforti, violini, viole e altri ancora.
L’azienda
Ciresa di Tesero, che realizza tavole armoniche, ha calcolato che
nel mondo suonano 160 mila pianoforti grazie all’abete di Fiemme.
Accanto al legno di notevole interesse sono anche le rocce e non è
un caso che il museo civico di geologia nasca a Predazzo in una zona
già nota tra gli studiosi del secolo scorso come il giardino
geologico delle Alpi. Il Museo valorizza e promuove la conoscenza del
patrimonio
geologico e mineralogico locale,
proponendo laboratori didattici interattivi e organizzando escursioni
guidate alla scoperta di questo affascinante mondo in cui è scritta
la storia della Terra e in particolare delle Dolomiti, con il
sentiero geologico del doss Capèl, i percorsi della Malgola, dei
monti Monzoni e delle miniere della Bedovina.
La
valle di Cembra
sotto il profilo storico- geografico si differenzia notevolmente
dalle altre due, qui la viticoltura, imposta con la forza dall’uomo
alla natura aspra della valle, si è realizzata attraverso i
terrazzamenti che rendono il paesaggio davvero indimenticabile.
L’ambiente
è piuttosto duro e povero e consta di 11 comuni con varie frazioni
il cui capoluogo è Cembra ( 665 m.s.l.m.). Cembra sorge nel cuore
della Valle, su un ampio terrazzo glaciale, aperto verso mezzogiorno
su un ampio panorama. il Centro è ornato da palazzi signorili e
contrade rurali: Campagna Rasa, I Piaggi, S.Rocco, S.Pietro, la
Carraia e Fadana La valle è uno dei maggiori centri trentini della
produzione pregiata del vino; i suoi vigneti scendono verso la Valle
dell'Avisio, intensamente coltivati offrendone un bellissimo
paesaggio.
L’eccellenza
paesaggistica rurale di questa valle trentina viene esaltata dallo
splendido connubio tra il paesaggio
vitato,
modellato sui dolci terrazzamenti da secoli di duro lavoro umano, e
l’asprezza e la severità del territorio forestale e alpino che gli
fa da cornice.
La
“viticoltura
eroica” praticata
da millenni è stata resa possibile grazie ai terrazzamenti sostenuti
da migliaia di antichi muri a secco che hanno uno sviluppo
complessivo di circa settecento chilometri. Tali opere hanno
richiesto un lungo e complesso lavoro comunitario che ha originato un
legame
particolarmente forte tra la gente e la sua terra
e, attraverso la capillare messa a coltura di terreni boscati, ha
permesso di ricavare i terrazzi dai pendii per facilitare la
coltivazione ed evitare l’erosione delle terre arabili. La loro
costruzione e manutenzione, ottenuta con tecniche antiche tramandate
da generazioni, nonostante i secoli trascorsi mostra ancora tutta la
sua efficacia.
Questo
patrimonio
paesaggistico
è tuttavia sottoposto a molteplici minacce, ma allo stesso tempo
oggetto di crescenti interessi. Per la sua unicità storico-rurale,
nonché per il suo valore estetico ed etico, rappresenta un
importante riferimento per le politiche
di conservazione e
salvaguardia
paesaggistica
nazionali ed internazionali. Il Ministero delle politiche Agricole,
Alimentari e Forestali ha recentemente nominato la zona “Paesaggio
rurale storico d’Italia”
ed ha suscitato anche un interesse a livello europeo.
Altra
importante fonte di reddito della valle è l’estrazione e la
lavorazione del porfido.
Ma maggiore attrazione della Val di
Cembra è quella delle piramidi
di terra di Segonzano:
i “òmeni de Segonzàn” come popolarmente e con tono familiare e
umano vengono chiamate in valle. Sono quattro gruppi di piramidi
(alte fino a 20 metri) risultanti da un fatto erosivo: portano in
testa una grande pietra e sono considerate le più belle del
mondo.
Fra le poche opere d’arte una emerge per squisita
eleganza: è la chiesa di San Pietro, a Cembra, del 1100. Ha uno
slanciato campanile a trifore sormontate da quadriforme romaniche e
all’interno è pressoché completamente affrescata. Solo il dipinto
del Giudizio Universale sulla parete di nord ha un riferimento
preciso: a Valentino Rovisi.
GASTRONOMIA
La
cucina delle Valli di Fiemme, Fassa e Cembra, ma più in generale
delle valli trentine, è inscindibilmente legata alle vicende
storico-culturali che hanno caratterizzato queste terre nei secoli
scorsi nonché alla non facile collocazione geografica.
Le valli
godevano di un'autosufficienza dovuta all'isolamento che la
condizione geografica comportava. La sussistenza era garantita da una
fiorente attività agricola e d'allevamento. Le coltivazioni
principali erano quelle del frumento, del grano saraceno, del farro,
del miglio e del sorgo, mentre l'allevamento garantiva non solo la
carne, ma anche il latte grazie al quale ha preso vita una variegata
produzione casearia. A seguito dell'influenza germanica, vennero
introdotti sulla tavola dei trentini prodotti quali la patata ed i
crauti. Nei dolci era molto diffuso l'utilizzo del papavero che
cresceva spontaneo oppure veniva coltivato, mentre il condimento era
rappresentato dal burro, ma ancor di più dallo strutto derivato
dall'allevamento del maiale. Da questa fase difficile il
Trentino ne uscì grazie ad una ripresa economica e con lo sviluppo
del turismo, con il quale sono state riscoperte le antiche
tradizioni culinarie. In particolare sono state rivisitate le ricette
tipiche che ora si possono ritrovare nei menù di qualche ristorante.
Tra
queste ricordiamo in val
di Fassa i popacei
(farina, latte, acqua) ed i tipici gnocchetti detti fregolons.
Altre proposte sono la “supa
rostida”
(farina, acqua e burro), la
jufa
(latte, acqua, farina di mais) e le varie zuppe di crauti, fagioli,
trippa canederli di fegato. Da ricordare i ciajoncie
da clòzegn
realizzati con le pere essiccate per il ripieno ed il grestl,
rosticciata a base di patate e cipolla e carne.
Tutti
piatti basati sulla grande povertà , semplicità ed il recupero
di ogni rimanenza alimentare.
I
prodotti tipici di queste terre sono quelli di alta montagna
soprattutto in valle di Fassa ( 1.300-1.500 m.s.l.m.) per cui
abbondano cibi a base di patate, crauti, uova, latte. I piatti più
tipici sono sicuramente i canederli,
i famosi gnocchi di pane preparati allo speck, al formaggio Puzzone
di Moena, agli spinaci e nella versione dolce alla ricotta, alle
albicocche o alle fragole. Tra i primi la scelta ricade anche sulla
zuppa
d’orzo,
sui ravioli "ciajoncìe"
ripieni di spinaci o fichi secchi, sui tagliolini
ai funghi porcini
o sulle pappardelle
col ragù di selvaggina.
I secondi, più robusti, includono senza dubbio la polenta,
cucinata nel paiolo di rame, servita con formaggio
fuso
o abbinata a succulenti salsicce
con crauti,
allo spezzatino
di capriolo
e allo stinco
di maiale.
Come dolci, non si può dire di no alle "fortaes",
una deliziosa pasta fritta dalla caratteristica forma a chiocciola,
accompagnate dalla marmellata di mirtilli rossi e allo strudel
di mele
tiepido con crema alla vaniglia o con una spruzzata di panna fresca.
La
Valle di Fiemme
è nota per la produzione di una grande varietà di formaggi, come il
Dolomiti, il Fontàl,
il Valfiemme, e delle deliziose ricotte
di capra,
ma soprattutto per il famoso Caprino
di
Cavalese
da assaporare con l’ottimo miele della Val Di Fiemme, autentica
essenza della flora e dei profumi della valle.
I
piatti tipici poco si discostano da quelli della Val di Fassa ma
interessante è rilevare che dalla saggezza antica nascono anche
infusi naturali a base di grappa trentina alle resine di pino mugo,
genziana o prugnole selvatiche. Le produzioni tipiche di qualità che
nascono in Val di Fiemme sono lo speck
e i salumi freschi o stagionati, il miele, le marmellate e i piccoli
frutti,
lo strudel di mele, la selvaggina, i funghi, la pregiata Birra di
Fiemme, le ricotte e gli yogurt caprini. Da ricordare è inoltre il
gustoso Formae Val Fiemme di Cavalese che per i suoi alti valori
proteici e la sua ricchezza di calcio e fosforo è stato definito il
Formaggio dei Mondiali di Sci Nordico.
Anche
la valle
di Cembra
presenta una cucina tipica fatta di alimenti poveri come la
Rostida,
piatto a base di patate lesse e arrostite nel grasso di bue che
veniva servita a colazione al posto del pane mentre a cena veniva
servita la
Pinza,
torta salata preparata con gli ingredienti di volta in volta
disponibili in dispensa. Ben più ricchi erano piatti quali la
Polenta e osei, il Cunel ossia il coniglio, il pollo arrosto e el
Tonco
Lustro,
piatto a base di burro, pomodoro e farina che veniva insaporito con
varie erbe aromatiche che accompagnava gli arrosti e le carni in
umido. L’allevamento del maiale integrava la dieta di numerose
famiglie contadine. La necessità di conservare a lungo la carne
affinò la tradizione della produzione di salumi e insaccati,
prodotti dalle diverse parti dell’animale. Tra i prodotti più
caratteristici della Valle di Cembra, ottenuti dalla lavorazione di
carni fresche, va ricordata la luganega,
citata nei documenti già in epoca medievale. È un salamino di carne
di maiale aromatizzata con sale, pepe nero e aglio, stagionato almeno
per quattro settimane. La luganega
fresca,
non stagionata, è un ingrediente di molti piatti della tradizione,
come i canederli, i crauti o lo “smacafam”; viene cotta alla
griglia e servita con la polenta, o usata per insaporire i sughi. La
luganega trentina – stagionata – si fregia del presidio
Slow Food
e va gustata con il pane, la polenta o il “tortèl de patate”. La
carne
salada
è un salume prodotto dalla lavorazione di tagli pregiati di bovino,
in salamoia di sale, pepe e bacche di ginepro e altri aromi. È
tenera, gustosa, facilmente digeribile e magrissima (circa 1% di
grassi). Tagliata a fette sottili è ottima per piatti di carpaccio
di carne, accompagnata con scaglie di grana, porcini o rucola,
condita con olio extravergine di oliva e limone, o consumata cotta,
passata leggermente in padella, tradizionalmente servita con i
fagioli. La carne salada successivamente affumicata e stagionata
viene detta carne
fumada.
Un
altro prodotto tipico è il vitigno bianco Müller-Thurgau,
che ha trovato in questa zona il suo habitat naturale dando vita a
vini di grande qualità. Saperi secolari, vinacce aromatiche e acque
pure sono alla base di un’altra produzione significativa, la
grappa. Cembra ospita ogni anno a luglio la rassegna del
Müller-Thurgau, diventata un appuntamento di rilevanza
internazionale per gli amanti di questo vino bianco nato
dall’incrocio fra Sylvaner e Riesling. Un centinaio di produttori
da tutto il mondo portano qui i propri vini migliori, per cinque
giornate dedicate alle degustazioni e agli assaggi di prodotti
tipici. Dove non c’è la vite cresce il castagno e al di sopra
vegeta il bosco misto.
I
castagneti
sono presenti in tutta la valle con piante secolari, in passato
protetti anche da particolari norme del diritto consuetudinario.
Rilevante da questo punto di vista è Albiano,
dove il castagno campeggia perfino sullo stemma comunale. Ed è
proprio ad Albiano che si sta scommettendo sul recupero delle
tecniche della castanicoltura e dei castagneti storici. Si conserva
memoria delle donne di Albian, che portavano in città, in occasione
delle fiere, lunghe collane
di marroni
infilzati in cordicelle per la vendita: “Castègne, castègne bòne
de Albian. Prevalèven (approfittatevene) chè l’è le pu bòne”.
La
coltivazione delle
erbe officinali,
è favorita dal particolare clima della Valle di Cembra. Alcune di
esse sono da sempre presenti nella flora spontanea sul territorio o
venivano coltivate negli orti, che mettevano sempre a disposizione
una piccola farmacia. Fra le specie officinali coltivate nei nuovi
impianti vanno ricordate la malva
(dalle proprietà emollienti e antinfiammatorie), la menta
piperita
(proprietà digestive, rinfrescanti e antinfiammatorie) e la
calendula
(ottima per la produzione di prodotti da impiegare per la pulizia e
la cura della pelle). Fragole,
lamponi,
mirtilli,
ribes
e more
sono alcuni dei piccoli frutti prodotti in Valle di Cembra.